Parigi 2015, Cop21: ecco perché l'accordo raggiunto non è un fallimento totale
- Scritto da Anna Tita Gallo
A Parigi alla fine un accordo sul clima è stato trovato, ma non sarà semplice da rispettare. Il Pianeta dovrà assolutamente tagliare le emissioni di CO2, ma di sicuro la vera rivoluzione partirà dal basso, dai cittadini che, sempre più informati, faranno pressione sui governi perché la lotta ai cambiamenti climatici sia concreta. Se non altro, per la COP21 non si può parlare di fallimento totale. Il mondo è unito, almeno sulla carta, in una lotta comune.
Perché l’obiettivo sia raggiunto dovranno essere tagliati oltre 7 mld di tonnellate di CO2. Non sarà né facile né economico. Ma quasi 200 nazioni sabato hanno approvato un accordo senza precedenti e bisogna prenderne atto.
È necessario traghettare il mondo in un’era post-fossili e rallentare il surriscaldamento globale una volta per tutte. Il primo passo è stato questo summit. Il mondo è unito nella volontà di contenere l’innalzamento della temperatura globale sotto 2 gradi centigradi e di lavorare per mantenerlo a 1,5.
Ci sarebbe anche un altro obiettivo, ma più vago, relativo a quanto dovrà accadere nella seconda metà del secolo: far sì che le emissioni non eccedano la quantità che la natura è in grado di assorbire. In sostanza, perché si rispetti l’accordo, le emissioni devono iniziare a diminuire dal 2020.
Secondo l’accordo, ogni Paese dovrà presentare un piano nazionale di taglio delle emissioni o almeno rallentare la crescita dell’inquinamento nel prossimo decennio. Le nazioni più ricche ne hanno già uno, le altre purtroppo sono ancora convinte nell’affermare che le fossili possano alleviare la loro povertà e alimentare la loro crescita.
Il maggiore inquinatore è la Cina, che dovrà ovviamente tagliare più emissioni di tutti. Secondo gli esperti, il picco di emissioni lo vedremo nel 2030, poi se gli impegni saranno rispettati le emissioni caleranno vicino allo zero. Se l’accordo di Parigi fosse stato disastroso il surriscaldamento sarebbe stato di 3,5 gradi Celsius entro il 2100. Il solo il piano della Cina potrebbe tagliare questa proiezione fino a 1,3 gradi, secondo Climate Interactive.
È anche interessante sottolineare che inquinare non è qualcosa che resta limitato ad una singola fase storica: le emissioni della Cina rimarranno nell’aria per almeno un secolo, così come quelle degli Usa sono state dal 1870 il 18% delle emissioni totali, superando proprio quelle cinesi, che restano al 13%.
Resta il fatto che Europa, Cina, India e Usa stavolta si siano impegnati a lavorare per il Pianeta, un dato da non trascurare.
Tra gli altri punti dell’accordo, il monitoraggio e la revisione degli obiettivi ogni 5 anni. Nel 2018 i tagli alle emissioni dovranno essere maggiori perché tutti siano pronti per il 2020.
Bisognerà poi agire sul fronte delle rinnovabili e per sostenere la loro espansione i Paesi più ricchi stanzieranno dal 2020 100 mld ogni anno. Nel 2025 si deciderà un prossimo step.
Inoltre, altre risorse economiche andranno a coprire i danni provocati dai cambiamenti climatici dei Paesi più a rischio (e più poveri).
"The world starts tomorrow'', ha detto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.
Perché l’accordo allora non è soddisfacente per tutti? Innanzitutto perché gli obiettivi fissati dai vari Paesi non sono abbastanza severi. Tutti insieme potrebbero fermare a 2,5 gradi Celsius l’innalzamento della temperatura entro fine secolo, quindi raggiungere i traguardi fissati dall’accordo sarà complicato, sempre secondo quanto afferma Climate Interactive.
In sostanza, se la prima revisione degli obiettivi dei singoli Paesi avverrà tra il 2018-23, sarà già tardi. Cosa accadrà negli anni precedenti? I Paesi continueranno ad inquinare senza tregua? Senza contare che ogni Paese autocertificherà le proprie emissioni, così come hanno chiesto i Paesi in via di sviluppo, con in testa proprio la Cina. Non sarebbe stato meglio optare per un organismo internazionale autonomo per compiere le verifiche?
In questo scenario restano fuori controllo le emissioni di aerei e navi, che sono internazionali quindi nessun Paese ha voluto che rientrassero nelle proprie quote. Risultato: non saranno affatto monitorate né soggette a limiti severi. Inoltre, non si sa con certezza quando le fossili saranno eliminate del tutto. Quando il mondo sarà zero emission? In questo sicuramente hanno avuto voce in capitolo le lobby del petrolio, che nemmeno in una conferenza così importante a quanto pare sono state tenute a bada.
This is huge: Almost every country in the world just signed on to the #ParisAgreement on climate change—thanks to American leadership.
— Barack Obama (@BarackObama) 12 Dicembre 2015
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Today was a good day for the planet ? https://t.co/P2ZeFl5nfG #ParisAgreement #ActOnClimate pic.twitter.com/x9xVkchnYM
— The White House (@WhiteHouse) 13 Dicembre 2015
A Paris, il y a eu bien des révolutions. Aujourd'hui c'est la plus belle, la plus pacifique des révolutions qui a été accomplie #COP21
— François Hollande (@fhollande) 12 Dicembre 2015
L'accord décisif pour la planète, c'est maintenant. Il est rare dans une vie d'avoir l'occasion de changer le monde. Vous l'avez. #COP21
— François Hollande (@fhollande) 12 Dicembre 2015
Le sfide attuali @UN :contrastare #climatechange attraverso rispetto obiettivi #COP21 e #refugeecrisis acuita anche da conflitto #Siria (s)
— laura boldrini (@lauraboldrini) 14 Dicembre 2015
L'accordo raggiunto a #COP21 è davvero così "buono" come ci dicono? https://t.co/cE4QfSlUST pic.twitter.com/QA0opOi5s0
— Isabella Adinolfi (@Isa_Adinolfi) 14 Dicembre 2015
Accordo raggiunto alla #COP21, ma sono necessari sforzi molto maggiori per ridurre le emissioni di #CO2.
https://t.co/WhDAj2pNoJ
— assoelettricaonoff (@assoelettricaon) 14 Dicembre 2015
Anna Tita Gallo
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